Di Fabio Zuffanti
Se a qualcuno capitasse di passare per la modernissima zona della City Life di Milano potrebbe scorgere, tra due altissimi grattacieli, una piccola via circondata dal verde. Leggendo la targa si scoprirebbe che quella via è dedicata al più importante sperimentatore vocale d’Italia, un uomo che ha osato spingersi oltre le colonne d’Ercole del conosciuto.
Il 13 giugno di quarant’anni fa moriva a New York Demetrio Stratos, all’inizio cantante dei Ribelli, poi negli Area, poi unicamente Stratos e la sua incredibile voce a sondare e a espandere i confini di questa. Una ricerca che lo ha condotto lontano, sfortunatamente troppo lontano.
Un crocevia di culture
Demetrio Stratos era nato ad Alessandria d’Egitto il 22 aprile 1945 da genitori greci con il nome di battesimo di Efstràtios Dimitrìu. Nella capitale egiziana il piccolo Stratos vive i primi tredici anni della sua vita, frequenta il Conservatoire National d’Athènes, dove studia fisarmonica e pianoforte, e la British Boys School, assorbendo stimoli da diverse culture, compresa la religione di cui madre e padre sono seguaci, quella cristiano-ortodossa, con i suoi riti e la sua musica bizantina. Ed è proprio il vivere sulla pelle tali sonorità, insieme a quelle arabe e ai primi vagiti del rock’n’roll, ad alimentare la scintilla che scoccherà nel cervello di Demetrio, a fargli immaginare un crocevia di culture che si incontrano e si scambiano armonicamente stilemi e sensazioni.
In Italia
Nel 1958, a seguito degli avvenimenti politici che sconvolgono l’Egitto, Stratos viene mandato a studiare nella terra natale dei genitori, più esattamente a Cipro, nel Collegio di Terra Santa situato in quel di Nicosia. Qui si stabilisce diventando cittadino Greco e dopo due anni viene raggiunto dalla sua famiglia. Il suo peregrinare non è però concluso, quattro anni dopo infatti si stabilisce a Milano dove si iscrive alla facoltà di Architettura del Politecnico. Non male per un diciottenne che ha già avuto modo di esplorare un pezzo di mondo e di coglierne con la sua sensibilità modi e profumi. Tornerà utile in futuro.
Via alle danze
Una volta in Italia la passione per la musica non tarda a farsi viva, nel 1963 forma un gruppo per allietare le feste della Casa dello studente di Milano, da lì alle esibizioni nei vari locali da ballo il passo è breve. Stratos suona le tastiere (organo Hammond soprattutto) e in questo momento non immagina certo di forzare l’ugola nel canto. Destino vuole però che a seguito di un incidente automobilistico nel quale viene coinvolto il cantante del gruppo egli si veda forzatamente costretto a muovere i primi passi come vocalista. E qui, stupendo per primo se stesso, che Demetrio scopre di possedere una voce potente, intonata, in grado di spaziare in vari range, dal più basso al più acuto, perfetta per brani soul, blues e rhythm’n’blues.
Il misterioso primo singolo
La band nel frattempo cambia diversi elementi e si esibisce in luoghi storici della musica milanese dell’epoca, il Santa Tecla e l’Intra’s al Corso, fra gli altri. Stratos si sta costruendo un’ottima nomea come valente tastierista-cantante e pertanto comincia a svolgere anche l’attività di turnista in molti studi di registrazione. Da lì la strada comincia a imboccare vie discendenti favorendo gli incontri e le collaborazioni. Nel 1966 incide un singolo per l’etichetta Columbia con lo pseudonimo The Clockwork Oranges, i due brani contenuti si intitolano Ready Steady e After Tonight, due cover in inglese di altrettante canzoni dell’Equipe 84. Questo singolo si segnala per una particolarità; nella copertina figurano infatti i futuri Pooh (che avevano registrato anche loro versioni delle due canzoni) ma in realtà i pezzi sono incisi proprio da Stratos con turnisti inglesi. Per chi volesse approfondire questa pagina fa luce sulle vicende: http://www.ipooh.it/notizie-2018/notizie-2018-12-31-the-clockwork-oranges-demetrio-stratos.html
Stratos Ribelle
Il momento più importante di questa prima fase della carriera di Stratos è però l’ingresso nella band beat de i Ribelli, ex gruppo di Adriano Celentano nel suo Clan, che hanno appena perso due membri (i fratelli Jean Claude e Philippe Bichara) rimpiazzati proprio da Stratos a voce e tastiere.
L’esordio con la band è di quelli col botto, la canzone con il quale Stratos si presenta al pubblico, la straordinaria Pugni Chiusi, diviene infatti un successo destinato a entrare nella storia della musica italiana, ciò grazie soprattutto alla sanguigna interpretazione del cantante e a uno stile vocale totalmente originale.
Dopo questo successo il gruppo continua a sfornare singoli (soprattutto cover di successi stranieri impreziositi dall’interpretazione di Stratos) fino alla crisi e allo scioglimento del 1970.
Osservazioni vocali
Oramai padrone dei propri mezzi artistici Stratos mette su una propria band con musicisti inglesi. La sua vita privata è invece caratterizzata dal matrimonio con Daniela Ronconi, sua compagna dei primi anni di università, e dalla nascita della figlia Anastassia. Proprio osservando la lallazione della figlioletta Stratos si rende conto di quanto la bambina giochi e, in qualche modo, sperimenti con la propria voce. Queste osservazioni saranno fondamentali per i successivi studi sulla voce che attraverseranno il suo percorso artistico.
Addio alla leggera
Nel 1970 Stratos si accasa con la Numero Uno di Battisti e Mogol per la quale incide un singolo con due brani, Daddy’s Dream e Since You’ve Been Gone, suo ultimo (e infruttuoso) tentativo di rimanere all’interno del circuito della musica leggera italiana. Visto l’insuccesso del singolo da questo momento le strade di Demetrio saranno unicamente quelle della ricerca, della musica intesa come atto artistico e di crescita personale. A tendergli la mano in questo momento di nuove scoperte i dischi del jazzista Paraoah Sanders, della incredibile cantante peruviana Yma Sumak, della mezzosoprano Cathy Berberian e di molti altri che stanno espandendo i limiti della voce verso nuovi e sconosciuti orizzonti.
Un nuovo suono, un nuovo mondo
Nell’Italia dei primissimi anni Settanta è tempo di nuovi suoni, nuove idee, percorsi musicali originali e di rottura, anche dal punto di vista sociale, politico, del linguaggio. Stratos annusa l’aria e si muove nell’ambiente dell’underground milanese in cerca di esperienze che se ne freghino di classifiche e successo ma che puntino diretti all’anima, al parlare una lingua nuova che proponga a un pubblico curioso e aperto sonorità che non temono di essere ardite, che favoriscano l’evoluzione psico-sociale dell’ascoltare, lo mettano di fronte alla realtà per saperla capire e fronteggiare al meglio.
Area!
L’occasione giusta arriva nel momento in cui Stratos si trova a partecipare alle sessioni per il primo album solista di Alberto Radius: chitarrista, storico collaboratore di Lucio Battisti nonché fondatore della Formula Tre. Per il suo album Radius ha invitato in studio una ridda di musicisti, alcuni conosciuti, altri meno, con i quali suonare in libertà, senza freni, musica liberatoria che dall’anima sgorghi direttamente nelle dita e nelle ugole.
In realtà quando Demetrio si reca in studio per l’album di Radius ha già conosciuto quelli che saranno i suoi nuovi compagni di avventure: il batterista Giulio Capiozzo, il chitarrista polacco Johnny Lambizzi, il sassofonista belga Victor Edouard Busnello, il bassista francese Patrick Djivas e il pianista Leandro Gaetano. Con questi si esibisce nel disco di Radius contribuendo a un brano che si chiama Area, proprio come la formazione che con Capiozzo e gli altri ha deciso di mettere su.
L’arte dei miscugli
Notando le varie nazionalità dei musicisti e considerando la cultura musicale che Stratos si porta appresso non è strano che gli Area innestino della loro proposta diversi mondi sonori: jazz e musica etnica in primo luogo, ma anche elettronica, contemporanea, rock. Pochi mesi dopo l’ensemble perde chitarrista e pianista sostituiti da due eccellenze, Paolo Tofani (che è sminuente definire chitarrista, visto il suo trasporre la chitarra su un livello differente, imbastardendola con i suoi sintetizzatori EMS) e Patrizio Fariselli, giovanissimo tastierista che ne viene dall’orchestra di liscio del padre e che presto diventerà una delle pedine fondamentali del suono e della visione Area.
Manca solo una tassello: un discografico illuminato che capisca e promuova al meglio la caleidoscopica proposta del sestetto, che sappia come darla in pasto a un pubblico, quello italiano, in quel momento innamorato delle fiabe di Genesis, Yes e comitiva sinfonica.
Per fortuna ecco apparire all’orizzonte la persona giusta, l’uomo in grado di proporre gli Area presso il grande pubblico alternativo dell’epoca e far sì che in poco tempo diventino simbolo di tutto un movimento, musicale e ideologico.
Gianni Sassi, o la rivoluzione
Lui si chiama Gianni Sassi, pubblicitario, grafico, esperto di enogastronomia, uomo rivoluzionario a tutto campo che con le sue trovate sempre al limite dello shoccante si imporrà come una delle menti più geniali dell’Italia dei Settanta. A livello musicale sua è l’invenzione del personaggio Battiato che tra il 1972 e il 1973 sarà chiamato genio e impostore allo stesso tempo per la sua immagine e la sua musica aliena. Ma dopo essere passato dalla cura Sassi Battiato capisce di avere altre cose per la testa, abbandona quindi il suo pigmalione che per riprendersi dalla batosta riconosce nei ragazzi degli Area un ensemble di musica totale che può accendere le coscienze sociali già infiammate del post-68, che può diventarne cantore, in completa divergenza con le già citate istanze favolistiche dei gruppi progressive italiani e d’oltremanica.
Per promuovere al meglio il gruppo Sassi si spinge addirittura a fondare una casa discografica, la storica Cramps Records.
L’ascolto rende liberi
Gli Area che arrivano all’incisione del primo album Arbeit Macht Frei (Il lavoro rende liberai, scritta che campeggiava all’ingresso del campo di concentramento di Auschwitz) sono già una band totalmente consapevole delle proprie camaleontiche capacità. L’incipit di Luglio, Agosto, Settembre (nero) passerà alla storia per il suo oscillare libero tra rock, danze macedoni e free jazz. Letteralmente qualcosa di mai udito prima. Su tutto campeggia la voce ultraterrena di Stratos che da’ voce ai testi che Gianni Sassi e il suo gruppo di creativi firmano (come fecero con Battiato) con lo pseudonimo di Frankestein. Demetrio canta di Palestina, accende la miccia alle coscienze di molti che scattano in piedi col pugno chiuso a fraternizzare con una band che, come formazioni coeve del free jazz (vedi l’Art Ensemble Of Chicago), aiuta a rendersi conto delle brutture del mondo non con suoni carezzevoli e avulsi dalla realtà, bensì col ferro e fuoco della dissonanza, dei ritmi dispari, del caos. Libertà è la parola d’ordine. Ma la libertà non si conquista a poco prezzo, tutt’altro, serve impegno, anche all’ascolto, un impegno ben ripagato, che apre la mente, accende il senso critico e rende realmente liberi.
Tra il 1973 e il 1978 gli Area pubblicheranno cinque album in studio, cinque capolavori che non devono mancare in qualsiasi discografia che si rispetti. Dischi tesi, spesso duri, violenti, senza compromessi, che, anche quando sembrano sfociare nel pop non perdono mai il senso dell’esplorazione, della sfida a un pubblico che li seguirà anche nelle fasi più ostiche, magari anche fischiandoli ma sempre accettando gli stimoli, trovando pane per i denti del cervello.
La voce oltre la voce
Parallelamente al lavoro con gli Area Stratos continua lo studio del suo strumento principale, la voce.
Nel 1974 si avvicina al lavoro di John Cage interpretando i suoi Sixty-Two Mesostics Re Merce Cunningham e alla Festa del Proletariato Giovanile di Parco Lambro di Milano presenta un’altro lavoro di Cage, i Mesostics, davanti a oltre 15.000 spettatori.
Così come con la band porta spesso alle estreme conseguenze un suono che non teme barriere con la sua vocalità il nostro sonda sfumature e confini di quella che in fondo è la sua psiche. Tramite lo studio sulla voce Stratos conosce se stesso e trasmette al pubblico il messaggio del non-limite nella consapevolezza di sé e del mondo. Ecco quindi l’esplorazione della vocalità nelle varie comunità etniche, le tecniche orientali, il ritorno alla culla della Grecia, l’universo arabo… Stratos diventa vocalmente cittadino del mondo.
Metrodora
Nel 1976 il primo album solista: Metrodora. Il titolo e il testo fanno riferimento al codice medico-ginecologico di Metrodora, medico-donna dell’impero bizantino vissuta nel VI secolo D.C. Metrodora è, come i lavori che seguiranno, un disco per sola voce, non accompagnata da alcun strumento se non da se stessa. Ma l’ascolto non è mai stancante e c’è solo da rimanere a bocca aperta per la profondità di questi studi. A nessuno verrebbe mai in mente quanto la voce possa spaziare in lungo e largo attraverso suoni e sensazioni. L’ascolto di Metrodora è un bicchiere d’acqua fresca per il corpo e la mente, un flusso benefico di stimoli ed emozioni che dal suo autore si riverbera nell’ascoltatore.
L’ugola impossibile
Instancabile nei suoi studi Stratos viaggia per il mondo; a Parigi collabora con il Laboratorio di acustica dell’Università e si esibisce al Museo d’Arte Moderna, vola poi a New York su invito di John Cage per partecipare a Events, spettacolo di Merce Cunningham. In Italia propone le sue scoperte a Franco Ferrero del Centro di Studio per le Ricerche di Fonetica di Padova, perfeziona la tecnica degli armonici simultanei tipica dei popoli asiatici fino a produrre diplofonie, trifonie e quadrifonie (ovvero la capacità di produrre 2, 3 o 4 suoni simultaneamente), toccando picchi inauditi di 7.000 Hz, si interessa del rapporto tra linguaggio e psiche, tiene corsi e seminari nelle scuole, mette in atto una vera e propria pedagogia della voce.
Cantare la Voce
Nel 1978 realizza lo straordinario Cantare la Voce, nel quale la voce si fa lamento, flauto, torna bambina, investiga su se stessa, si fa sirena, a volte spazia in territori così distanti dall’ordinario che si fa fatica a riconoscere come voce quel suono incredibile che scaturisce dal corpo del suo creatore. Tutto ciò disorienta, spiazza ma alla fine porta l’ascoltatore verso vette sonore ed emozionali di incredibile altezza. Stratos si spinge oltre l’umano ma al tempo stesso aiuta a scorgere ciò che l’uomo potrebbe raggiungere, se solo fosse capace di guardare dentro sé.
Viaggi e rock’n’roll
Le esperienze si susseguono, nel 1978 è di nuovo con John Cage ad Amsterdam per una performance di dieci ore senza interruzione, poi a Bologna per Il treno di John Cage, tre escursioni in treno preparato, a Genova, sempre insieme a Cage, Grete Sultan e Paul Zukofsky, a Cuba, al Ministro della Cultura, per un incontro con musicisti della Mongolia. Seguirà Futura, l’antologia di poesia sonora della Cramps, l’incisione di O Tzitziras O Mitziras, esplorazione della forza onomatopeica del canto delle cicale suggerita da uno scioglilingua greco, e di Le Milleuna, su testo di Nanni Balestrini (pubblicato postumo nel 1990).
In tutto questo Stratos non ha perso la sana voglia di divertirsi e, soprattutto, non dimentica le sue radici. Con Paolo Tofani e Mauro Pagani, mette quindi in scena lo spettacolo Rock’n’roll Exhibition, per riportare alla luce i grandi successi del rock anni ’50.
Gli dei se ne vanno, gli arrabbiati restano
Nel 1979 Stratos è inarrestabile, lo studio lo ha impegnato al tal punto da spingerlo ad abbandonare gli Area, in ogni angolo ci sono nuovi territori da esplorare, personaggi da incontrare, collaborazioni da tessere… Quello che solo dieci anni prima era un semplice cantante pop sta diventando uno studioso di vocalità tra i più importanti a livello mondiale.
Qualcosa però si rompe, il perfetto ingranaggio di bellissime esperienze che Stratos sta inanellando subisce un drastico stop. Del tutto inaspettatamente gli viene infatti diagnosticata un’anemia aplastica, caratterizzata dall’insufficiente produzione nel midollo osseo di cellule del sangue, che lo costringe a un lungo periodo di inattività. Purtroppo in poco tempo le sue condizioni peggiorano sempre più e, in un disperato tentativo di salvargli la vita, viene ricoverato presso il Memorial Hospital di New York. Viste le gravi condizioni in cui versa un gruppo di colleghi decide di organizzare un concerto per raccogliere fondi per le sue cure. L’evento è programmato per il 14 giugno ma la sorte purtroppo fa sì che, in seguito all’improvviso aggravarsi delle sue condizioni, Demetrio Stratos muoia il 13 giugno, a soli 34 anni, per collasso cardiocircolatorio.
1979, il concerto
Il concerto si svolge lo stesso presso l’Arena Civica di Milano e assume la forma di una grande celebrazione dell’artista venuto a mancare, richiamando decine di migliaia di persone. Parte delle esibizioni verranno pubblicate nel doppio album 1979, Il Concerto, sorta di manifesto conclusivo di un’epoca e di una generazione. L’omaggio vede la partecipazione di moltissimi artisti vecchi e nuovi, tra i quali Eugenio Finardi, Antonello Venditti, gli Skiantos, i Kaos Rock, il Banco del Mutuo Soccorso, Roberto Vecchioni, Francesco Guccini, Angelo Branduardi e i suoi compagni degli Area.
Demetrio, che riposa nel cimitero di Scipione Castello (PR), è stato un artista unico che ha dedicato l’esistenza a spingersi oltre le sue capacità, lavorando duramente e vivendo l’arte sulla propria pelle, non per raggiungere i lustrini di fama e successo, bensì, per usare le sue parole, “per liberarsi dalla condizione di ascoltatore e spettatore cui la cultura e la politica ci hanno abituati, non un ascolto da subire passivamente ma come un gioco in cui si rischia la vita”.
Gli album di Demetrio Stratos
Metrodora (1976)
O’Tzitziras O’Mitziras (1978)
Cantare la voce (1978)
Rock’n Roll Exhibition (con Mauro Pagani e Paolo Tofani) (1979)
Le Milleuna (1990)
Gli album degli Area, da possedere senza esitazione
Arbeit macht frei (1973)
Caution Radiation Area (1974)
Crac! (1975)
Maledetti (1976)
1978 gli dei se ne vanno, gli arrabbiati restano! (1978)
I libri su Stratos
Silvia Lelli e Roberto Masotti – Stratos e Area. Ediz. Illustrata (Arcana)
Antonio Oleari – Demetrio Stratos. Gioia e rivoluzione di una voce (Aereostella)
Janete El Haouli – Demetrio Stratos. Alla ricerca della voce-musica (Auditorium)
Luca Trambusti – Consapevolezza. Gli Area, Demetrio Stratos e gli anni Settanta (Arcana)
Claudio Chianura – Demetrio Stratos. Scritti, documenti, testimonianze (Auditorium)
Madri, padri, figlie e figli di Stratos
Cathy Berberian – Circles (Berio)/Frammento (Bussotti)/Aria with fontana mix (Cage) (1961)
Pharoah Sanders – Karma (1969)
Yma Sumac – Miracles (1971)
Joan La Barbara – Voice Is The Original Instrument (1976)
Meredith Monk – Dolmen Music (1981)
Diamanda Galas – The Litanies Of Satan (1982)
John De Leo – Vago Svanendo (2007)
[…] “Proprio osservando la lallazione della figlioletta Stratos si rende conto di quanto la bambina giochi e, in qualche modo, sperimenti con la propria voce. Queste osservazioni saranno fondamentali per i successivi studi sulla voce che attraverseranno il suo percorso artistico.” Link: Demetrio Stratos: La voce dell’anima […]
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